19 giugno 2012

Eraldo Bernocchi / Blackfilm ‎– Along The Corridors - Vital - 2010



Disco uscito un paio di anni fa ma io ci sono arrivato solo adesso, e mica si può stare dietro a tutto eh....
Comunque si tratta dell'ennesimo e non ultimo progetto di mister Ernaldo Bernocchi.
Partito dai seminali Sigillum S intorno alla metà degli anni '80 si è via via artisticamente accoppiato con gente del calibro di Bill Laswell, Mick Harris, Jim Plotkin, Raiz and many more.
In questo caso la collaborazione è con l'ungherese (trapiantato a Londra) Blackfilm che tanto avevo apprezzato con il suo esordio omonimo sull'oramai defunta etichetta greca Spectraliquid nel 2008.
Il disco è un bel macigno di basse frequenze a battuta lenta.
No, non si tratta di un disco dubstep, o meglio, la componente dubstep è presente ma si sente più l'aria di Kingston che quella di Londra.
Bassi profondi,  ritmica mai troppo minimale e spesso con un tocco jazzy,  parti atmosferiche estremamente suggestive. Insomma, una colonna sonora perfetta per un bell'horror dei nostri tempi.
Io suggerirei di utilizzare Mistakes Pt.1 dove compare un campione vocale tratto da un'intervista fatta in carcere a Charles Manson.
A proporci questo interessante dischetto è una giovane etichetta danese nata nel 2005, la Vital.
Sulla loro bella pagina web potete trovare la loro discografia e dare un ascolto alle prossime, promettentissime, uscite.
P.S.
Purtroppo è stato pubblicato solo su CD.
Comunque costa poco e si può acquistare direttamente dall'etichetta (15 euro compresa spedizione), altrimenti se proprio non ce lo si può permettere c'è sempre il classico Google (titolo.rar)

 Tracklist:
1. Where We Stand (5:05)
2. Broken Optimism (5:07)
3. Lost (4:16)
4. Roadblocker Dub (5:18)
5. Dark Area of the Night Sky (5:36)
6. Invisible Corridor (6:07)
7. Mistakes Pt. 1 (3:28)
8. Mistakes Pt. 2 (6:20)
9. 1996 Chronicles (4:49)
10. Bethnal Green (6:15)














17 giugno 2012

Brutal Truth - End Time - Relapse Records - 2011




19 anni dopo “Extreme Conditions Demand Extreme Responses” e cinque dopo la reunion del 2006  i Brutal Truth, con “End Time” arrivano al loro sesto album.
Mai uguali a se stessi ma sempre coerenti al loro percorso musicale descrittivo di una contemporaneità fatta di ingiustizie sociali, distruzioni ambientali e, a loro modo di vedere, di avvicinamento all’apocalisse, i quattro newyorchesi sfornano queste 23 tracce assolutamente insane, dissonanti e violentissime.
Le danze iniziano con “Malice”, tre minuti e mezzo circa di ritmi cadenzati e sludgy per poi attaccare subito con il loro solito inconfondibile grind schizoide.
Alla batteria Richard Hoak sforna blast beats a raffica alternandoli a degli stacchi micidiali ed arricchendoli con fantasiosi passaggi su piatti e tom.
La voce rantolante di Kevin Sharp a metà strada tra growl e scream fa da collante ad un ammasso sonoro apparentemente caotico e sconclusionato.
Il basso di Dan Lilker, autentica star del panorama metal estremo degli ultimi venti anni avendo fatto parte o fondato bands del calibro di Anthrax, Nuclear Assault, S.O.D., Exit 13, straborda in tutte le tracce. La cosa, da una parte, dà più groove al sound, dall’altra, penalizza il suono della batteria e della chitarra del buon Erik Burke.
Conoscendoli, penso che la cosa sia stata ricercata e che non si tratti di un errore di missaggio in fase produttiva. Sinceramente io avrei preferito un suono più pulito che rendesse il tutto ancora più potente e simile ai primi devastanti lavori della band.
Comunque sia da “Old World Order” a “Echo Friendly Discharge” passando per “Killing Planet Earth “  è tutto un feroce ed incompromissorio attacco al sistema ed a chi ne regge le redini.
I pezzi  sono ultra veloci e nel mix di musiche estreme da loro proposto la componente crust predomina nettamente su quella death, confermando anche nella scelta estetica sonora  la  volontà di essere antagonisti.
Molte delle tracce hanno una durata inferiore al minuto.
“Trash” le batte tutte con i suoi soli 5 secondi, ideale omaggio alla mitica “You Suffer” dei mai troppo lodati Napalm Death.
L’assalto frontale non viene portato solo con il linguaggio del grind, definizione che a loro va comunque decisamente stretta, e con la sua consueta di velocità di esecuzione ma anche con tre spaventosi macigni sludge.
Oltre che nell’introduttiva Malice i ritmi si fanno più lenti e pesanti anche in “Warm Embrace Of Poverty” e nella quasi conclusiva “Drink” che a me ricorda a tratti i seminali sludgers giapponesi Corrupted.
Certi territori non sono nuovi per Lilker e soci visto che in album come Need To Control li avevano già visitati e per dirla tutta con risultati  anche superiori.
La conclusione viene affidata ai 15 minuti di “Control Room”. Per descriverla, sul web sono stati fatti vari paragoni tra i quali quelli con gli Swans, con i Boredoms e con i SunnO))).
Io immagino sia stata scritta alla fine di una estenuante serata  di prove e dopo l’ennesima sigarettina truccata. Da amare od odiare.
Insomma, da fan della prima ora avrei preferito qualcosa di più compatto e d’impatto ma a quanto mi è sembrato di capire la loro urgenza era prettamente quella di urlare il più forte possibile che se non si cambia radicalmente questo modello di sviluppo si va veramente verso l’apocalisse.
Non un disco epocale ma in ogni caso da prendere come esempio in un panorama musicale in cui quasi tutti seguono mode e tendenze pilotate dall’alto e vuote di contenuti, alla spasmodica ricerca dell’esposizione mediatica e del successo.
“Our future is now, our world is ending.
Our life for the disdain has brought about our end time
…It's our time.”